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Rossi, Cornelio Gadaldini il giovane, Verdi

Il riuso di matrici xilografiche della stamperia ferrarese dei Rossi, attiva fino al 1582, è stato notato negli Statuti di San Felice pubblicati a Modena da Giovanni Maria Verdi nel 1612 (BID VEAE006070Legni incisi 1986, p. 61-63). Molte illustrazioni viste nelle stampe ferraresi di Lorenzo Rossi, del figlio Francesco e dei suoi eredi, ricompaiono cioè in quell’edizione modenese del 1612. La stessa cosa si verifica in numerose altre stampe di Verdi già a partire dal 1600.

D’altra parte, considerando le tre edizioni attualmente note sottoscritte da Cornelio Gadaldini il giovane (Donatus diligenter recognitus, in-4°, del 1590 [CNCE 48887]; Hymni, et orationes in itinere Confraternitatis Sancti Giminiani, in-8°, del 1595 [CNCE 50306]; Breue compendio del peregrinaggio di Loreto, in-4°, del 1595 [CNCE 81279]), in tutte figurano iniziali e fregi provenienti dai Rossi; tali matrici vengono utilizzate in seguito da Verdi, mentre non si trovano legni presenti nelle edizioni di altri membri della famiglia Gadaldini.

I legni ferraresi devono essere arrivati a Verdi attraverso Cornelio il giovane, anche quelli che non figurano nei tre libri da lui stampati di cui abbiamo notizia. Verdi è tra l’altro, come i Gadaldini, di origine bergamasca, e come loro ha sede a Modena in via Castellaro.
Diverse matrici dei Gadaldini (escluse quelle di Cornelio il giovane) e dei Cassiani confluiscono poi, come si è visto, nella raccolta Soliani ora alle Gallerie Estensi, ma nessuna di quelle appartenute a Verdi.

Ecco alcuni esempi, tra i molti possibili, del passaggio di matrici xilografiche dalla stamperia ferrarese dei Rossi a quelle modenesi di Cornelio Gadaldini il giovane poi di Giovanni Maria Verdi.

Particolare  da testatina in: Donatus diligenter recognitus, Modena, Cornelio Gadaldini, 1590, in-4° (BEU, Misc.Fer.M.69.7), c. B12r, diametro 30 mm.

Giglio, putti, ippocampi; 'Joker'

Si rilevano tre diverse occorrenze - una per ogni tipografia - di una testatina che ha un giglio al centro e, disposti simmetricamente sui lati, due putti alati che cavalcano ippocampi:

Analogo è poi il caso di un finalino con mascherone ghignante in cornice accartocciata:

Torquato Tasso, Gierusalemme liberata, Ferrara, eredi di Francesco Rossi, 1581, in-4° (BEU, E.2.B.26), fregio (68x16 mm) e finalino (28x20 mm) rispettivamente dalle cc. h3v e S3r.

Stemma estense in due varianti

Tra i fregi xilografici che passano da Ferrara a Modena c’è anche uno stemma estense che figura in diverse edizioni di Francesco Rossi e dei suoi eredi, quando il duca a Ferrara era Alfonso II. 

Lo stemma è incorniciato in origine da un collare fatto di «conchiglie sedute su catenine o maglie d’oro» da cui pende l’immagine dell’arcangelo Michele: così lo troviamo per esempio in un’opera stampata dagli eredi di Francesco Rossi nel 1576 (CNCE 38361), con dedica a Alfonso II, cavaliere dell’Ordine di San Michele. 

Lo stesso stemma viene ripreso a Modena da Cornelio Gadaldini, nel Donatus del 1590 (CNCE 48887). Nell’ulteriore passaggio a Giovanni Maria Verdi, attivo a partire dal 1600, la capitale si è spostata intanto a Modena, a Alfonso II è succeduto Cesare d’Este, cavaliere dell’Ordine del Toson d’oro.

Negli Avvertimenti di Pellicciari stampati da Verdi nel 1600 (CNCE 53638) e nel 1606 (BID TO0E002804) lo stemma viene riproposto così com’è stato intagliato a Ferrara. Solo nel 1612, in un’altra edizione di Verdi (BID UBOE008561), lo vediamo comparire aggiornato con un diverso collare («acciarini d'oro contrapposti a gemme che simulano pietre focaie e sprizzanti scintille») da cui pende ora la pelle d’ariete del toison d’or.

Potrebbe trattarsi di una copia dove vengono inserite le necessarie modifiche. O forse è lo stesso legno a cui è stata soltanto cambiata con un inserto la parte del collare; il resto sembra identico, con tracce d’usura.
 

Particolari dalle due varianti di stemma negli eredi di Francesco Rossi (1576: BEU,  E.61.I.3) e in Giovanni Maria Verdi (1612: BEU. E.35.C55.2). Dimensioni dello stemma: 105x89 mm.

Putti, draghetti, agnelli

Giovanni Maria Verdi, a Modena, utilizza nelle sue edizioni un fregio con putti e draghetti disposti simmetricamente, dove il profilo dei draghetti traccia i contorni di uno scudo centrale. Qui a destra è un esempio tratto dalla Priuilegiorum immunitatum praerogatiuarum, ... ordinata collectio stampata nel 1606.

Lo stesso fregio è già stato evidenziato nel corredo di xilografie degli statuti di San Felice stampati da Verdi nel 1612 (Legni incisi 1986, pp. 62-63, ill. 2): il pezzo appartiene alla cornice xilografica utilizzata nel De claris mulieribus e nelle Epistolae di San Girolamo stampati a Ferrara da Lorenzo Rossi nel 1497  (rispettivamente ISTC n. ij00204000 e ISTC n. ih00178000). La stessa cornice viene ripresa dal figlio di Lorenzo, Francesco Rossi, nel 1532 per gli Statuti di Lugo (CNCE 63162).

Probabile è anche in questo caso il passaggio attraverso la tipografia di Cornelio Gadaldini il giovane, nonostante l’immagine non si trovi in nessuna delle edizioni oggi note da lui prodotte. 

Incontriamo poi nelle pagine di Cornelio Gadaldini e di Verdi un fregio, una testatina non rintracciata finora tra le edizioni dei Rossi, ma che sembra risalire agli anni del capostipite Lorenzo. A un’ara centrale si affiancano quattro putti alati, due per lato: ciascuno dei due putti più esterni, vestiti con tunichette, suona uno strumento (la lira da braccio quello a sinistra e uno strumento a fiato quello a destra), mentre i due putti accanto all'ara tengono agnelli che sembra debbano essere sacrificati.

Confrontando tale testatina con la cornice dei due incunaboli di Lorenzo Rossi, non solo si nota lo stesso schema simmetrico con due coppie di figure ai lati dell’elemento centrale, ma sopratutto si possono accostare le ali sfrangiate dei putti con quelle delle figure alate sui lati sinistro e destro della cornice, dove l’erba è resa con lo stesso puntinato-tratteggiato presente ai piedi dei putti e dell’ara. Nell’erba della testatina e in quella della cornice si notano anche i caratteristici ciuffetti di foglie che - come le ali e l’erba - pochi anni prima contraddistinguono a Venezia il lavoro di uno dei due principali artisti che forniscono alle stamperie veneziane i disegni necessari per la produzione delle matrici.

Si tratta dello stile di quello che, nella sua History of woodcut, Arthur M. Hind definisce come il «popular designer»: è l'artista identificato poi da Lilian Armstrong nel cosiddetto «Maestro di Pico» (Hind 1935Armstrong 1990; Armstrong 2003; Armstrong 2015; De Simone 2006). 

Due fregi xilografici di origine ferrarese;
rispettivamente: 32x105 mm; 28x102 mm
(BEU, E.32.F.15.9 e BEU, Misc. Ferr. Mor. 69.7).

Iniziali parlanti: Arione

Sono dette «iniziali parlanti» quelle che presentano una lettera dell’alfabeto legata all’immagine di un personaggio o di un oggetto il cui nome inizia con quella stessa lettera (una «A» con una rappresentazione d’Amore, per esempio, come visto nella seconda sezione). Le serie di iniziali parlanti che passano da Ferrara (Rossi) a Modena (Cornelio Gadaldini e Verdi, o solo Verdi) sono una decina.

Fra esse, ve n'è una costituita da immagini di 35x35 mm che compaiono a Ferrara nelle edizioni di Francesco Rossi e dei suoi eredi. Solo la «A» di Arione si ritrova, dopo Ferrara (CNCE 38361), a Modena sia in Cornelio Gadaldini il giovane (CNCE 81279) che in Giovanni Maria Verdi (CNCE 53638). Altre iniziali della serie passano da Rossi a Verdi - forse sempre per il tramite di Cornelio Gadaldini: C[aco], H[ercules], I[udith], Q[uirino/Curzio], V[enere].
 

Serie di iniziali parlanti usata a Ferrara e a Modena: tutte le iniziali hanno le stesse dimensioni (35x35 mm) ma, a differenza della «A» di Arione, le altre si trovano solo in Rossi e Verdi («A», «H», «I» e «Q»: BEU, A.100.S.5 ; «C» e «V»: BEU, E.2.B.26)

Iniziali a bianchi girari su fondo nero: «C», «I» «P»

Si tratta di una serie di iniziali riscontrabile in edizioni ferraresi dei Rossi e in edizioni modenesi di Giovanni Maria Verdi. Non abbiamo prove del passaggio attraverso la stamperia di Cornelio Gadaldini, anche se, come già detto, questo resta il percorso più probabile.

A differenza della serie di iniziali parlanti già descritta, nata come la maggioranza di quelle finora individuate (sette su dieci) nella stamperia di Francesco Rossi, in questo caso si tratta di legni che risalgono al padre di Francesco, Lorenzo, e all’epoca degli incunaboli (seconda metà del XV secolo).

Sono capilettera decorati a bianchi girari su fondo nero, che misurano 30x30 mm. Le tre lettere  «C», «I» e «P» visibili a destra sono tratte dalle Epistolae di San Girolamo che Lorenzo Rossi pubblica a Ferrara nel 1497 (ISTC n. ih00178000).

Per quel che riguarda Verdi a Modena, il confronto avviene in questo caso con pagine dalla Priuilegiorum immunitatum praerogatiuarum ... ordinata collectio stampata nel 1606.

 

AL

Tre iniziali della serie 30x30 mm dalle Epistole di S. Girolamo pubblicate a Ferrara nel 1497 (BEU, α.A.4.4).