Liquor cefalorachidiano
Gli studi clinici, le terapie diacefalorachidiane, le conferenze.
Il prof. Boschi iniziò molto presto ad occuparsi della fisio-patologia del liquor cefalo-rachidiano e della sua produzione, circolazione e pressione oltre che della barriera emato-encefalica e della barriera emato-liquorale.
Secondo la teoria dell’epoca del neurochirurgo americano Harvey Williams Cushing, il liquor era prodotto solo dai plessi corioidei.
Le ricerche sull’idrodinamica del liquor condotte da Boschi, alle quali collaborarono i suoi allievi Giuseppe Campailla, Ferdinando Barison, Luigi Telatin, Aldo Montemezzo e Maria Cori, li condussero alla conclusione che la produzione del liquor era ubiquitaria, e che i plessi corioidei avevano una funzione valvolare.
Le cellule dei plessi corioidei avevano sia funzione secretrice che assorbente del liquor cefalo-rachidiano. Si scoprì inoltre che la circolazione era sia cefalo-caudale che caudo-cefalica, per spinta idrodinamica, e così anche la funzione del drenaggio-meningeo.
Boschi da tempo aveva scoperto che con la semplice puntura lombare, definita rachicentesi, attraverso sottrazione del liquor, poteva facilitare la soluzione di problematiche morbose del sistema nervoso.
Nel 1927 comunicò i suoi primi risultati sulla “tensione liquorale” al 18° Congresso della Società Italiana di Freniatria, a Trento.
Ne seguirono nuove deduzioni, con i francesi, Henry Claude e Jean Alexandre Barrè, alla 13a Riunione Neurologica Internazionale di Parigi, sulle meningiti sierose ventricolari.
Ulteriori ricerche condotte in stretta collaborazione con i suoi allievi dimostrarono sia il ruolo che il liquor poteva avere nella patogenesi di alcuni processi morbosi che quello, in particolari condizioni di idrodinamica, di risoluzione di particolari processi morbosi. Questo favorì ricerche su dati biometrici della pressione del liquor e del suo grado di torpidezza, arrivando ad una nuova formula biometrica.
Boschi sosteneva che il liquor veniva secreto ovunque all’interno del sistema nervoso e sosteneva che la circolazione era trasversale, metamerica, e longitudinale, secondo leggi che scaturiscono da necessità bioidrauliche dell’organismo. Veniva dimostrato come durante la sua circolazione il liquor trasportasse con sé elementi del ricambio del tessuto nervoso, ma anche le scorie, realizzando una funzione detossicante dei centri nervosi.Quando questo flusso rallenta o è impedito, si producono danni a carico dei distretti, dove tali scorie si arrestano e si depositano.
Con la sottrazione di liquor, attraverso rachicentesi, si provocava una reattiva iperproduzione ed una conseguente riattivazione del flusso liquorale.
Nacque così il concetto del drenaggio neuro-meningeo, una sorta di lavaggio della sostanza nervosa, che nel suo passaggio asporterebbe le scorie stagnanti.
Boschi iniziò a studiare come potenziare questo drenaggio, stimolandone un aumento abnorme. Riuscì nel suo obiettivo iniettando inizialmente dell’acqua bidistillata. Dopo qualche ora dalla sua inoculazione osservò una spiccata reazione meningea, che Boschi definì come una neuromeningite asettica provocata.
Queste premesse consentirono a Boschi di proporre un nuovo sistema di cura per le affezioni del sistema nervoso: le cure diacefalo-rachidiane. Boschi descrisse così, in sintesi, il principio terapeutico: “con l’introduzione di una qualsiasi sostanza eterogenea inoffensiva, la violazione dell’ermeticità e della purezza
dell’ambiente liquorale suscita una costellazione di reazioni difensive salutari nella maggior parte delle affezioni del nevrasse ed anche in affezioni extra-nevrassiche, indipendentemente dalla qualità della sostanza che si inietta”.
Si poterono curare all’epoca nevralgie del trigemino in poche ore, paralisi del nervo facciale, neuriti ottiche, oftalmoplegie, alcune forme del morbo di Parkinson, alcuni casi, peraltro molto discussi e criticati, di sclerosi a placche, e altri di sclerosi laterale amiotrofica.
Boschi ricevette numerosi inviti sia in Italia che all’estero (Parigi, Praga, Bucarest, Varsavia) per illustrare il nuovo metodo terapeutico, ricevendo ovunque consensi.
Nonostante questo, insigni neurologi e neuropatologi, soprattutto all’estero, a distanza di anni dalle prime scoperte di Boschi, si appropriarono di deduzioni, ricerche o variazioni terapeutiche che erano già state pubblicate da Boschi.
Questi autori destinatari di missive del prof Boschi in cui comprovava la paternità delle proprie scoperte, pubblicarono le loro scuse. Primo tra tutti il prof. Jean Delay, della “Societè de Neurologie” di Parigi, in relazione alla pneumoterapia cerebrale, ed ancora a distanza di anni, un allievo del prof. Delay, il professor Pierre Pichot; ed in Italia il prof. Fabio Visintin.
Boschi definì la circolazione del liquor come “terza circolazione”, dopo quella sanguigna e quella linfatica.